Gianluca Avallone
Gianluca Avallone si avvicina al mondo dei tamburi a cornice nel 2008, entrando in contatto prima con le danze popolari e poi con gli strumenti della tradizione.
Impara a suonare i tamburi a cornice, tamburello e tammorra, appassionandosi alla costruzione di questi strumenti.
Costruisce ora non solo tutti i tamburi della tradizione italiana: Bodhràn, Tar, Daf, Riqq, Bendir, Pandeiro, Congas, Cajon si sono aggiunti nel tempo alla sua produzione che ormai va a “ciclo continuo”.
Strumenti di grande pregio e precisione, costruiti con i legni più diversi, dal Faggio al più nobile Acero, dal Frassino al Mogano.
Due linee principali, base e professionale, che possono soddisfare chi ha bisogno di uno strumento che sia più tradizionale possibile e chi invece, con esigenze più particolari, abbia bisogno di strumenti accordabili, torniti, con pelli sintetiche.
Ogni tamburo è frutto di un attento studio delle forme, dei materiali e del continuo confronto con musicisti internazionali.
Pur cercando costantemente nuovi spunti per la realizzazione dei miei strumenti, non perdo mai di vista i procedimenti che la tradizione ci tramanda, ponendo attenzione soprattutto alla ricerca delle materie prime, per ottenere sempre la maggiore versatilità , maneggevolezza, resistenza possibili.
Tammorra, Tamburello, Tar, Bendir, Riqq, Bodhràn e Mizhar vengono modellati con bordi arrotondati , curvature diverse o smussature ad angoli differenti, per permettere comodità nella “presa” ed una completa vibrazione della pelle, conferendo la sonorità ottimale a seconda dello “stile” associato ad ogni tamburo che può essere sia “tradizionale” che accordabile.
Sui Tamburelli accordabili e sul Riqq è possibile cambiare i sonagli o smontarne una parte per consentire il raggiungimento di un suono assolutamente personale.
Strumenti utili sia per gli appassionati che vogliano avvicinarsi alla pratica delle varie suonate, che per i professionisti che abbiano la necessità di un suono personale ed affidabile.
Ogni tamburo è numerato e corredato di certificato di unicità, garanzia e di un breve vademecum per una buona conservazione.
Le pelli utilizzate per i tamburelli della linea “tradizionale” sono di capra, capretto, o pesce; particolarmente resistenti all’umidità; conciate al naturale e trattate con calce, per poi essere rifinite con tecniche innovative e moderne
Le pelli montate solo sui modelli accordabili, hanno suono e caratteristiche uniche nel panorama dei tamburi a cornice, grazie anche all’esclusiva assoluta dell’artigiano conciatore; vengono conciate con metodi antichi, presi da un trattato medievale sulla lavorazione delle pergamene risalente al 1100, che vedono l’utilizzo di una precisa ricetta composta da elementi naturali per poi essere lavorate al coltello. Il risultato è una membrana molto morbida ed elastica capace di una vastissima gamma di suoni mai metallica.
A seconda del modello “tradizionale” o “accordabile” vengono utilizzate diverse tipologie di legnami, tutti nobili o di tradizione, come Frassino (Brown Ash), Acero, Ciliegio, Mogano, Faggio e Noce ; tutti piegati ad acqua , e lasciati asciugare naturalmente, per garantire la migliore qualità e resa; poi piegati a mano e levigati o torniti con cura e passione, per ottenere un prodotto finale elegante, pulito e resistente.
Appassionatosi alla musica sin da giovanissimo, Gianluca Avallone, ha affiancato agli studi di psicologia, un intenso percorso formativo che lo ha visto studiare dapprima canto lirico, come tenore, e successivamente dar vita ad un personale percorso di ricerca sulla musica tradizionale del basso Lazio, di Terra di Lavoro, e più in generale del Sud Italia. Affascinato dal ritmo percussivo dei tamburi a cornice, ne approfondisce le tecniche esecutive Andrea Piccioni, e parallelamente anche quelle realizzative, diventandone uno dei costruttori più apprezzati del sud Italia. Abbiamo intervistato Gianluca Avallone per farci raccontare il suo percorso formativo, approfondire le peculiarità costruttive dei suoi tamburi a cornice, e soffermarci sulla loro commercializzazione.
Com’è nata la tua passione per la musica popolare?
Riferirmi alla musica popolare mi sembrerebbe riduttivo. Infatti, se non avessi avuto, da sempre, un fortissimo interesse verso la musica non sarei arrivato a concedere a me stesso la scoperta la sua scoperta, circa 7 anni fa. Prima con la danza e poi coi tamburi, passando per le inevitabili abrasioni sulle mani che contraddistinguono tutti i suonatori principianti. Negli anni ho vissuto le varie feste tradizionali cercando sempre di “rubare” con gli occhi i segreti dei danzatori, suonatori e dei costruttori guardandoli e provando i loro strumenti. Sono sempre stato molto curioso e quindi questa passione si è rinnovata di volta in volta ma per fare capo sempre alla passione per la musica che mi vede coinvolto anche su altri “stili” e, soprattutto, quello dell’opera lirica come cantante, tenore per la precisione.”
Che rapporto c’era e c’è con la musica nella tua famiglia ?
Il rapporto della mia famiglia con la musica è iniziato sostanzialmente con me, quando a 4 anni preferivo i programmi di musica classica, lirica e sinfonica, su Rai3 (i bei tempi del servizio pubblico ancora non erano finiti, era il colpo di coda) rispetto alla visione dei cartoni animati. Mia madre da bambina sognava fortemente di suonare il pianoforte, al punto che sua madre raccontava che spesso nel sonno muoveva le mani come per suonare un pianoforte invisibile. Fu grazie a questo suo sogno che quando iniziai a leggere e scrivere, avevo alle spalle già un paio d’anni di lezioni di musica.
Dove e come ha imparato a costruire i tamburi a cornice?
Chi ha il “mestiere”, in questo campo, difficilmente lo divulga se non a persone del parentato o comunque di strettissima conoscenza. Io, per fortuna, sono stato costretto ad imparare da solo e dico “per fortuna” perché questo mi ha permesso di iniziare subito un cammino sulla mia strada e non su quella di un maestro di bottega che per me sarebbe potuta essere una presenza ingombrante.
Chi è stato il tuo maestro?
Non ho avuto maestri ma persone, per lo più musicisti, tutti con una forte esperienza, con cui avere un costante confronto, un dialogo sul tamburo e le sue varie tecniche che mi permette di cercare sempre di migliorare quel che faccio.
Quanto è durato l’apprendistato?
Nell’ottica che le ho appena descritto l’apprendistato è costante, non si ferma mai e lascia sempre spazio alla sperimentazione di cose nuove.
Pensi di aver raggiunto il massimo come costruttore?
Non esiste un massimo, sarebbe presuntuoso. Preferisco pensare di aver raggiunto un livello accettabile e che quello che faccio possa reggere il confronto con il prodotto di molti altri costruttori.
Quale tipologia di tamburi a cornice costruisci? Quali sono le misure più richieste?
Costruisco tamburi a cornice sugli stili della tradizione italiana ma non solo: negli ultimi tre anni sto sperimentandomi nella costruzione di tamburi di altre tradizioni, mediorientali soprattutto, e nella costruzione di tamburi accordabili. Tutto per garantire a chi volesse una maggiore affidabilità oltre che alla ricerca del suono “personale”.
Quali sono i materiali che utilizzi per la costruzioni dei tuoi tamburi a cornice?
Utilizzo legno di faggio, acero, frassino, ciliegio, mogano. I sonagli in rame, latta, ottone. Pelle di capra, capretto, vitello, pesce. Non nomino le pelli sintetiche, nonostante io le utilizzi solo su richiesta, per via del suono metallico che producono.
C’è differenza tra legni, pelli e metallo da utilizzare? Da cosa dipende, la scelta dei diversi materiali?
Bisogna innanzitutto chiarire che il rapporto legno-pelle è completamente sbilanciato verso quest’ultima. E’ la pelle a fare il lavoro maggiore nella composizione del suono. A seconda dell’animale, dello spessore della pelle e della tensione con cui si monta sul tamburo, si possono avere suoni infinitamente diversi. E’ però vero che, come nel caso dei miei tamburi accordabili, aumentando la quantità del legno il tamburo acquisisce un maggior sustain ed una maggiore profondità del suono.
Come si indirizza il tuo lavoro in fase di intonazione dello strumento?
Sinceramente mi resta difficile pensare all’intonazione in uno strumento che così facilmente può variare le sue caratteristiche nel breve o medio termine. Un tamburo con la pelle naturale, per quanto lavorata bene e resa resistente all’umidità, appena viene tirato fuori dalla sua custodia inizia ad adattarsi alle condizione dell’ambiente in cui si trova diventando meno teso se trova un’umidità maggiore e viceversa.
Qual’è il pubblico che acquista i tuoi tamburi?
Credo nella qualità del mio lavoro e quindi penso che i miei strumenti possano essere utilizzati tanto dai principianti quanto dai professionisti, nei limiti del possibile cerco di accontentare tutti.
Come gestisci la commercializzazione dei tuoi strumenti?
Dopo una prima fase in cui ho cercato di farmi conoscere, ora sto cercando di esporre in manifestazioni in cui ci sia un pubblico più interessato. A questo unisco la pubblicità sui social network (https://www.facebook.com/AGPercussioni) e, proprio in queste settimane, la pubblicazione di un sito web (www.gianlucaavallone.it) su cui è anche possibile acquistare direttamente il proprio strumento.
Quali sono le peculiarità e le particolarità tecniche dei tuoi strumenti?
Tutto lo studio che c’è dietro! Uno studio che mi ha portato ad usare legni piegati ad acqua, le migliori pelli possibili, sonagli che siano in equilibrio con il resto.
C’è qualche consiglio che daresti per la manutenzione di un tamburo a cornice?
Sicuramente un errore compiuto da molti è quello di esporre la pelle al caldo delle stufette elettriche nel caso in cui questa sia lenta. La pelle a contatto col calore diretto subisce uno stress. Un altro consiglio è quello di non lasciarlo mai in macchina, soprattutto d’estate, come deve essere per ogni altro strumento musicale. Il legno col calore si ammorbidisce, la pelle si asciuga e si tira sempre più. Il risultato è un tamburo a forma di “gondola” buono solo da appendere al muro!
Qual’è il tuo rapporto con gli altri costruttori?
Il rapporto è di “vicinato”. Esistono costruttori, ad esempio Antonio “’o Stocco”
Esposito, con cui si può parlare tranquillamente della propria “filosofia” sul tamburo, trovando sempre una persona sincera dall’altra parte. Purtroppo non è sempre così ma meglio non pensarci: ognuno fa il suo lavoro come meglio crede e questo è l’importante.